Normativa: LA LACUNA LEGISLATIVA
La maggior parte degli integratori non offre reali garanzie di qualità e sicurezza. Troppo facile metterli in commercio?
Come funziona?
Quando anni or sono presi in esame anche l’aspetto “normativo” degli integratori, rimasi stupito e incredulo per come era (ed è ancora) la realtà.
Pensavo che, in quanto prodotti per il benessere, fossero sottoposti a controlli preventivi e davo per scontato che la sicurezza fosse una priorità certa e garantita. Fu una grande delusione scoprire invece che non c’era e non c’è ad oggi ancora alcun controllo preventivo sui prodotti.
Per mettere in commercio un integratore basta notificare l’etichetta del prodotto all’ufficio preposto del Ministero della Salute, pagare una tassa, attendere 90gg. e si può accedere al mercato.
Al contrario di quanto previsto per l’industria farmaceutica, obbligata quantomeno a dimostrare e certificare il proprio operato, per l’industria degli integratori la normativa è molto meno stringente e in parte sovrapposta a quella per gli alimenti. Infatti non sono previsti studi per valutare l’efficacia, certificazioni e controlli per garantire qualità e purezza delle materie prime per evitare il rischio di sostanze tossiche, batteri, contaminanti e inquinanti. Non sono previsti dei livelli minimi di qualità delle materie prime, ne vengono fatti accertamenti sulle effettive quantità degli ingredienti dichiarati in etichetta (potenzialmente dichiaro 100 e poi metto 10 è una FRODE ma nessuno verifica). Non sono richieste certificazioni di responsabilità sui rischi di contaminazione involontaria.
Le poche Aziende che certificano i propri prodotti lo fanno per scelta, per distinguersi e dimostrare l’attenzione e gli investimenti fatti per tutelare i propri consumatori.
Tuttavia, per accedere al mercato basta “notificare” l’etichetta al Ministero della Salute che non controlla il prodotto ma SOLO la conformità dell’etichetta. Dopo 90 giorni, se non sono rilevate irregolarità di quanto dichiarato (un ingrediente o un dosaggio non ammesso o una avvertenza mancante), il prodotto può entrare in commercio senza alcuna comunicazione ufficiale ma solo in virtù del “silenzio/assenso”. In pratica vige un principio di “autocontrollo” e tutto è demandato alla coscienza e alle scelte dei produttori.
Nei confronti dei consumatori il Ministero applica invece la logica del “laissez-faire” considerandoli “capaci di scegliere”. Ma con oltre 25.000 prodotti in commercio, è davvero difficile distinguere quelli di valore, perché TUTTI si propongono come tali
…ma NON TUTTI LO SONO.
Inoltre, anche le scelte stesse dei consumatori si orientano principalmente sul prezzo (sconti, promozioni, ecc.) e sull’immagine esteriore (pubblicità, grafica attraente, testimonial, iniziative, slogan, ecc.), o in generale come se fossero tutti uguali. In realtà sono pochissimi i consumatori capaci di individuare qualità e sicurezza.
In un ambito così “morbido” e con rischi minimi, i produttori interessati solo al profitto hanno ampi spazi di “scelta” che però aumentano i rischi per il consumatore. Ad esempio arrivano ad usare materie prime di qualità scadente, parzialmente deteriorate, inquinate o del tutto inerti (inefficaci), inserite solo per dichiararlo.
Triste realtà…
In pratica, sia i produttori che i “brand” (ovvero marchi con produzione in conto terzi che coprono più dell’80% del mercato), notificano l’etichetta al Ministero, pagano una “tariffa” per ogni prodotto e attendono. Sanno benissimo che per evitare la bocciatura basterà rispettare 3 regole: evitare ingredienti non ammessi dalla CE e dallo Stato Italiano, rispettare i limiti di dosaggio (se previsti) e apporre in etichetta le “avvertenze” imposte per legge (copia-e-incolla).
Trascorso un “tempo tecnico” di altri 2 mesi dalla silente autorizzazione, sia i prodotti che le aziende che hanno inviato l’etichetta, saranno visibili negli elenchi pubblici del Ministero, assieme a migliaia di altri prodotti e centinaia di aziende. Questo non CERTIFICA NULLA ne sulla qualità ne sulla sicurezza dei prodotti elencati ma solo che è stata depositato l’etichetta, fine!!!
Che utilità e valore ha questo registro per il consumatore? NESSUNA e ZERO! Infatti l’elenco pubblica la conformità dell’etichetta, non quello che c’è effettivamente nel prodotto.
…E COSA C’E’ DENTRO?
Non è bello scoprire che mancano autentiche garanzie per i consumatori e che tutto è lasciato al “buonsenso” dei produttori. Con un vuoto legislativo così evidente, dichiarare una cosa e farne un’altra (anche se illecita) è poco rischioso e questo rende molto appetibile la possibilità di mettere in commercio prodotti di scarso valore e ben poco coerenti con quanto dicono e dichiarano di essere. Ad alti livelli produttivi le possibili “multe” sono previste e incidono in minima parte sui profitti del produttore.
Basta usare questi prodotti per rendersi conto della poca o assente efficacia (ne ho provati tanti e posso affermarlo senza ombra di dubbio e senza possibilità di smentita).
E’ ovvio che tutte le aziende “ce la raccontano” e vogliono farci credere di avere i “prodotti migliori”, ma poche si impegnano veramente a farlo e dimostrarlo.
Ecco perché conviene conoscere prima il produttore del prodotto.
Tra i migliaia in commercio, solo una piccola parte è stata pensata e realizzata da poche aziende serie che mettono al primo posto il cliente senza seguire il modello speculativo. Per queste poche aziende i profitti non sono LA priorità ma LA conseguenza. Non si servono dei clienti per fare soldi facili ma li rendono veicoli di diffusione dei benefìci ottenuti dall’uso dei loro prodotti. Questo è possibile solo con l’impegno: attenzione maniacale nella scelta di materie prime eccellenti, investimenti strutturali, strumentazioni e macchinari d’avanguardia, studi e ricerche cliniche, controlli serrati e continui, VERE certificazioni severe e rilasciate da enti indipendenti, che dimostrano l’operato, la qualità e la sicurezza dei prodotti. Quando si trovano queste caratteristiche in un produttore, siamo certi di aver trovato anche i prodotti giusti.
Riassumendo…
Nessuna analisi per garantire l’assenza di sostanze inquinanti e che possano certificare la corretta manipolazione e conservazione delle materie prime col massimo rispetto di igiene e sicurezza (un ingrediente “molto buono” all’origine può deteriorarsi e contaminarsi facilmente anche durante il trasporto, lo stoccaggio e la lavorazione se non sono osservate specifiche regole e protocolli.
Nessuna analisi per verificare un livello sufficiente di qualità (lo stesso ingrediente può essere scelto presso lo stesso fornitore su diversi livelli, dalla qualità eccellente alla più scadente, dipende da quanto l’azienda vuole spendere e cosa vuole mettere nei prodotti.
Nessuna analisi a tutela del consumatore, saltuariamente sono fatte quelle “a campione” come previsto per i prodotti agricoli, carni e alimenti (ma ci sarebbero anche qui lacune da osservare ed evidenziare).
Solo quando un prodotto manifesta problemi per la salute (malesseri, epatiti, complicazioni intestinali, renali, ecc…), scatta l’intervento dei NAS e il blocco preventivo del prodotto fino ad analisi e indagini compiute. E quanto costa tutto questo apparato di controlli “a posteriori”? MOLTO! Basterebbero regole più severe all’origine, specifiche e selettive per cambiare in meglio il mercato e l’offerta avrebbe una mutazione in qualità e sicurezza.
“Un controllo a posteriori può definirsi un vero controllo?“
L’integrazione alimentare diventa interessante quando si scopre l’esistenza di produttori seri che, anche senza obblighi di legge, mettono in primo piano i benefìci dei propri clienti, investendo ingenti capitali per garantire il meglio e continuare a innovare, restando concentrati soprattutto nella ricerca, nella sicurezza, nella verifica clinica, nella scienza e proiettati nel futuro. Tuttavia, anche gli integratori di qualità non hanno la pretesa di “fare tutto” e soprattutto non hanno scopo di avvallare uno scorretto stile di vita.
Nella grande confusione è utile il supporto di un naturopata esperto di integrazione alimentare.